Monday, December 11, 2006

ViKtoria 2260

Lanugine di umidità,polvere di pioggia,chiacchiere che scivolano lievi sulle superfici di corpi infreddoliti surriscaldati da alcool e cibo. Una sera come tante e come nessuna. Nuova emozione del vivere quotidiano che sembra inghiottire tutti in questo presente spalmato sulla realtà: non c'è differenza e ogni giorno sembra aderire all'altro in una piramide di noia o nostalgia. Di quando tutto pareva avere un senso e non serviva costruire castelli di parole così, per fare qualcosa.
Decidere che cosa fare, avere qualcosa da fare in mezzo a chiacchiere di vite tutte uguali: e nessuno scopo. Non voglio essere come loro, mi dicevo. Supplicavo a me stessa, e le lacrime interne iniziavano a scorrere. Inondavano me. Tanto nessuno può vederle. Ed anche il carosello di scopi apparenti e tutti parziali che mi mostrano persone ben inserite e ben adattate mi sembrano disegni di fumo. Non esiste lo scopo assoluto. La vita è frammentazione di piccoli scopi che si rincorrono un giorno dopo l'altro. E' l'equilibrio di orizzonti relativi da porre in fila, e che costituiscono il tempo che avanza, il tempo dell'evoluzione.
E mi viene da piangere a pensare che proprio loro, le due persone che mi hanno dato alla luce, hanno messo come gadget alla mia esistenza un senso di perfezione così immobile da non potersi nemmeno avvicinare. Non voglio dare colpe, distribuire colpe a chi si profila all'orizzonte. Non è un discorso di colpe, insomma. E' un problema di scopi e confronti e altre cose simili; limiti forse, o essere nati per compiacere qualcuno e sostenerlo nella sua incapacità di vivere.
Vorrei trovare un senso, anche piccolo, in questo momento, alla mia vita. Qualcosa che sia mio e che gli altri rispettino in quanto tale. Sentirmi unica, separata ma in collegamento. Non sola e non attaccata, e non vivere come un sostegno per confermare agli altri che esistono. Che sia un'utopia pensare di essere qualcosa di proprio, autonomo, adulto e affettivamente stabile?